Durante la guerra di liberazione, dal 1943 al 1945, i partigiani e le forze antifasciste si posero il problema di ridisegnare in senso democratico l’Italia che usciva dalla dittatura fascista.
Immaginarono anche una scuola e una cultura libere da imposizioni di regime per formare cittadini liberi e non più sudditi. C’era l’urgenza di far riprendere gli studi a quanti li avevano lasciati per andare in montagna a combattere e c’era anche la necessità di riqualificare i lavoratori che avrebbero dovuto ricostruire un Paese ridotto in macerie dalla guerra. Nasce così l’idea e poi la fondazione dei Convitti della Rinascita, un nome che era anche un programma, di cui si documentano le vicende in questo libro.
Si tratta di un’esperienza originale, largamente trascurata dalla storia della scuola e della pedagogia, ma in grado ancora oggi di affascinare quanti sono interessati alla ricerca storico-pedagogica e a riscoprire come sarebbe nata la nuova scuola dell’Italia repubblicana.
Partecipazione, autogoverno, gestione collettiva, orientamento e valutazione formativa, regole di convivenza: nei Convitti si sperimenta, anche tra incertezze ed errori, la via per costruire una scuola democratica a tempo pieno, umanistica e tecnica insieme, capace di formare menti autonome e critiche in grado di misurarsi sul terreno del lavoro. Un modello di scuola in cui non è difficile rintracciare le radici di quella scuola della Costituzione che sarebbe poi ben presto stata aggredita da una offensiva conservatrice negli anni ’50, per poi riprendere vita con la riforma della scuola media del 1962 e le grandi lotte operaie e studentesche degli anni ’70.
Un’esperienza, pedagogica, didattica e politica che parla ancora a quanti si misurano con le difficili scelte educative del nostro tempo.
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