L’Università nel post Covid: dal decentramento a un Erasmus nazionale

Nello scenario odierno, in cui l’epidemia da Covid19 ci ha brutalmente catapultati, la ricerca scientifica è da subito apparsa e si è affermata il più valido baluardo per guardare al futuro con speranza e fiducia. L’Università, tra l’altro, è stata tra le prime istituzioni a trasferire in modalità a distanza buona parte dell’attività. E adesso, forse più che mai, è doveroso prestare maggiore attenzione e progettualità alla sua riorganizzazione e attività anche alla luce dell’attuale esperienza, perché la crisi può essere un’opportunità per ripensare il sistema Università.

L’articolo di Fabio Matarazzo, pubblicato nell’ultimo numero di Articolo 33, affronta puntualmente la questione con uno sguardo creativo a nuove prospettive future, puntando sulle opportunità che il digitale ha da offrirci. Lo stesso Ministro dell’Università e della Ricerca, del resto, ha sottolineato più volte l’opportunità di far tesoro delle novità positive poste in luce dalla contingenza pandemica e di far leva su di esse per riflettere sulla riorganizzazione di molti aspetti delle Università. In un contesto come quello che ci si è presentato, infatti, la globalizzazione pare inevitabile e necessaria, ed è per questo che Matarazzo riflette su un’idea di riorganizzazione della conoscenza e della sua trasmissione che potrebbe sconvolgere la tradizione, risultando più in sintonia con le occorrenze attuali e future. Un’innovazione che non va radicalizzata, ma proposta come possibile opportunità alternativa per chi accede all’Università e abbia necessità o preferenza di un itinerario accademico diverso ma più congeniale alle sue proiezioni future e alle sue attuali condizioni.

Durante i primi mesi di lockdown “un milione e duecentomila ragazzi hanno seguito le lezioni a distanza; oltre 50 mila lauree e 100 mila esami sostenuti. Una platea addirittura più numerosa di quella dell’abituale frequenza”: questi dati devono pur dirci qualcosa. Il digitale annulla distanze e tempo. Può annullare il pendolarismo. Può ampliare il diritto allo studio. E se viene meno la necessità di accesso personale all’Università potrebbe superarsi anche la necessità di iscriversi in una specifica università e a un corso determinato. In questo modo, nella sua tesi creativa, Matarazzo ipotizza che chi accede alla formazione superiore potrebbe avvalersi dell’offerta di corsi e insegnamenti messi a disposizione dall’intero sistema delle Università senza essere condizionato dalla sede in cui si svolgono. Potrebbe venir meno, dunque, l’obbligo di irreggimentarsi in un corso di studi il cui percorso sia stato predeterminato in sede accademica, e dare invece spazio a un itinerario, anche alternativo a quello proposto. Chi accede all’Università potrà cogliere “fior da fiore” nel vasto e variegato campo messo a disposizione dal sistema universitario, nazionale e internazionale, che, in quanto tale, ha velocità di modernizzazione superiore a quella che può riscontrarsi nei corsi di una sede specifica. Un grande Erasmus nazionale pensato per un mondo globale nel quale non esistano più, soprattutto nella civiltà digitale, separazione e compartimenti stagni.

Congetture e fantasie? Forse. Ma nel futuro dobbiamo entrare consapevoli dei cambiamenti necessari. Perché dal futuro non possiamo né farci spaventare né, tantomeno, farci travolgere.

Vi invitiamo a leggere tutto l’articolo, interamente a disposizione in anteprima per voi.


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